I Volti Nuovi del Gruppo, Filippo Ridolfo: “Corro con il diabete da quando sono esordiente, in Novo Nordisk mi sento a casa”

Filippo Ridolfo prosegue la nostra rubrica dei Volti Nuovi del Gruppo. Il classe 2001 è passato professionista con il Team Novo Nordisk, che gli ha permesso di fare il grande salto nelle formazioni Professional dopo un anno con il Development Team, che ha invece la licenza Continental e persegue l’obiettivo di lanciare i giovanissimi. Nativo di Udine, in questi anni si è già messo in mostra con piazzamenti in corse Under 23 e juniores, meritando il passaggio tra i professionisti. La redazione di SpazioCiclismo lo ha intervistato in esclusiva prima dell’inizio della sua stagione: un estratto dell’intervista può essere ascoltato nell’ultima puntata di SpazioTalk, il nostro podcast settimanale.

Che tipo di corridore sei?
Sono un corridore misto, per gare collinari.

A che età hai iniziato a correre?
Ho iniziato a correre a 8 anni, quando ero molto giovane. Per i primi anni però facevo mountain bike e ciclocross. Poi, da esordiente, sono passato alla strada. Quell’anno mi hanno diagnosticato il diabete.

Quali sono le tue corse preferite?
Le gare che mi piacciono di più sono le classiche, soprattutto collinari.

Chi era il tuo idolo da piccolo?
Quando ero piccolo soprattutto Nibali, tra i corridori italiani. Ora stimo tantissimo Van der Poel.

Come sta andando il ritiro e la prima parte della stagione?
Abbiamo fatto un test, abbiamo qualche distanza da fare. Manca poco alle prime gare, speriamo bene.

Sai già il tuo calendario per quest’anno?
Partirò anch’io con il Tour of Oman, poi farò il Gp Industria e Artigianato e il Gp Miguel Indurain.

Per te sarà la prima stagione con la formazione Professional. Cosa ti aspetti da questa nuova esperienza?
Sono molto contento di aver fatto il salto di qualità. Essendo la prima stagione non mi aspetto moltissimo in termini di risultati personali, ma cercherò di dare il massimo e di aiutare la squadra.

Sono stati soprattutto Umberto Poli e Andrea Peron ad accoglierti?
Sono stato accolto bene da tutti ma sì, soprattutto da loro due. Sono gli unici italiani in squadra oltre a me, è normale che mi sono avvicinato di più a loro in questo periodo.

Passi professionista molto giovane, a 20 anni. C’è più pressione ora sui giovani che passano professionisti, per il fatto che si chiedono risultati sempre più presto?
Il team non mi ha messo molta pressione, quindi mi sento comunque bene qua. So che non sarà facile nei primi anni, ma cercherò di crescere gradualmente, il più possibile.

Qual è stato il momento in cui hai capitato che saresti diventato professionista? Lo sapevi già una volta entrato nel Development Team della Novo Nordisk?
Non è che lo sapessi già, ci ho creduto e l’anno scorso, dopo metà anno, ho visto che i risultati stavano arrivando. Da metà dello scorso anno ho iniziato a correre un po’ di più.

La maggior parte dei corridori italiani passa professionista con squadre italiane, tu però no. Che differenza c’è, secondo te, nel crescere in una squadra straniera?
È vero che la Novo Nordisk non ha sede in Italia, ma devo dire che buona parte dello staff è italiano e qui mi sono sempre trovato bene e sentito a casa. Quindi non saprei, per me è praticamente come essere cresciuto in una formazione italiana.

Che messaggio vuoi dare i nostri lettori?
Vorrei dire che se uno ha un obiettivo, qualcosa che gli piace, deve crederci. Ovviamente ci saranno delle difficoltà, ma se a uno piace non deve mollare e deve continuare. Ci possono essere difficoltà, ma bisogna andare avanti. A volte basta credere in sé stessi.

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